Ha raccontato di sé e del suo cinema, ma anche del suo grande amore per il jazz, senza risparmiare sulle battute e gli aneddoti, Pupi Avati. Forse anche per questo, la serata di inaugurazione del Torino Film Festival, ieri sera alla Reggia di Venaria, è sembrata particolarmente riuscita.
Il format era "pericoloso": niente film di apertura, ma un evento esclusivo (solo a inviti) incentrato sulla diretta di "Hollywood Party", il programma radiofonico dedicato al cinema e condotto da Steve Della Casa su Radio3, eccezionalmente trasmesso dalla Reggia. Ospite d'onore proprio Pupi Avati: con lui il fratello Antonio, Neri Marcorè, Micaela Ramazzotti e - in collegamento da casa perché positivo al Covid - il cantante Lodo Guenzi (trasformato attore proprio da Avati). A introdurre la serata, la bellissima madrina Catrinel Marlon [LEGGI QUI].
"Al Torino Film Festival voglio davvero bene, fin da quando mi ha dedicato una retrospettiva sotto la direzione di Emanuela Martini", ha spiegato Pupi Avati, "e conosco Steve Della Casa da anni, uno dei critici più attenti, competenti e obiettivi, con cui ho un rapporto di amicizia. Quando c'è stata la chiamata sono stato felicissimo e sono corso qui, anche se proprio in questi giorni ho iniziato a girare il mio nuovo film". Coerente con quello che ha spiegato, cioè che Torino gli piace per il livello di competenza anche del pubblico e l'assenza di red carpet e frivolezze, il maestro ha evitato la passerella prima di entrare nella sala, anche se poi alla fine si è concesso ai fotografi abbracciando il fratello.
"Il mio cinema?", ha raccontato, "E' sempre stato poco italiano, poco allineato. Il cinema per me oggi è la possibilità di dire, di testimoniare la vita". Poi ha ripercorso la sua carriera attraverso gli attori che ha incontrato e quelli che si è inventato, prendendoli da altri contesti, come Lodo Guenzi o Katia Ricciarelli, o trasformandoli rispetto a ciò che erano abituati a fare, come nel caso di Christian De Sica in ruoli drammatici.
"Ho avuto la fortuna di esordire grazie a Pupi", ha raccontato Marcorè, "mi ha dato un imprinting importantissimo. Se mi chiama, rispondo sempre. Più che un regista è un vero e proprio direttore di attori". "Avati è il mio maestro", ha invece detto la Ramazzotti. "Mi ha lasciato molti ricordi, come la passione per questo mestiere. Lui è un vero maestro operaio del cinema". "Avati è un amico, un grande regista sensibile a un mondo che io conosco", ha invece detto Vittorio Sgarbi, "che ha anche raccontato la mia famiglia in un film, 'Lei mi parla ancora'". "Pupi Avati è un personaggio entusiasmante per chi si occupa di cinema", ha poi concluso il direttore del Tff, Steve Della Casa, "Per questo mi ha fatto piacere celebrarlo con questa serata".